In questa seconda parte, proseguendo dalla precedente, vedremo di analizzare cosa ci serve per poter costruire i nostri proiettili. Le principali aziende che producono attrezzature da ricarica hanno a listino anche tutto il necessario per fondere a livel domestico ogive, quindi non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Partiamo dal primo accessorio che servirà nel processo di fusione: il crogiolo.
Il tipo più usato specialmente nell’ambito domestico è quello a resistenza elettrica (in genere 220 Volt) sia per la facilità d’uso, che per l’assenza di manutenzione. Nel momento della scelta del crogiolo è bene controllare che l’assorbimento della macchina non sia superiore all’impianto elettrico a cui va collegato, o che non porti l’assorbimento totale al limite. In genere nelle abitazioni abbiamo a disposizione come minimo circa 3 Kw di potenza; un crogiolo di fascia economica non dovrebbe superare la potenza massima di 1.5 Kw. Normalmente si trovano apparecchi con potenze tra i 0.5 – 0.75 Kw con capacità che variano da 4-5 libbre (circa 2-2.5 Kg) fino a 20 libbre ( circa 10 Kg). Preferite i crogioli con ugello e valvola di apertura e chiusura ai crogioli semplici senza orifizi, la possibilità di poter controllare a vista la quantità di lega versata e soprattutto la velocità con cui riempiremo lo stampo ci renderanno il lavoro meno impegnativo e miglioreranno i risultati finali. Ultima cosa: prima di acquistare assicuratevi che il voltaggio sia compatibile con il nostro, essendo le aziende fornitrici d’oltreoceano è facile scambiare il modello “locale” per quello “european”, come per tutte le attrezzature elettriche acquistate in USA sono disponibili sia per la rete a 220Volt che quella a 110 Volt, in caso non siano previsti modelli per la rete europea si potrebbero avere difficoltà a modificare il tutto rischiando di comprometterne affidabilità e sicurezza se non si interviene con cognizione di causa.
Il secondo componente, e quello la cui qualità determina direttamente la qualità dell’ogiva stampata è sicuramente lo stampo (Mould).
Ogni imperfezione, danno od usura della superficie e degli angoli dello stampo, come anche dei riscontri di chiusura si riprodurrà inevitabilmente sulla palla da esso prodotta.
La tipologia di stampo più diffusa e semplice è quello bi-valva. E’ composto da due blocchetti in metallo guidati fra loro da spine di centraggio e presenta sul lato superiore (Top) una piastrina in acciaio debitamente sagomata (plate) che ha il duplice compito di garantire la perfetta chiusura dello stampo e, al momento dell’apertura, fungendo da coltello separa l’ogiva dallo sfrido rimasto nell’imbuto di colata. Sui due lati esterni dello stampo ci sono le sedi per i rebbi della pinza apri/chiudi stampo che potrà essere manuale oppure parte di una macchina per stampare automaticamente. All’interno delle facce interne dei due blocchetti a forma di parallelepipedo che compongono lo stampo è ricavata l’impronta ossia la cavità in cui si fonde la palla. L’impronta è formata da due mezze cavità speculari ricavate ognuna in una faccia dell’interno dello stampo. L’asse dell’ogiva darà sempre complanare al piano di divisione dei due mezzi stampi. Tanto più preciso sarà l’accoppiamento delle due metà dello stampo e tanto più precisi e netti saranno i bordi minori saranno le
linee di stampaggio finali risultanti sulla palla. Le impronte possono variare da una fino a dieci per stampo, alcuni esemplari arrivano a diciotto.
Le forme delle ogive sono simili a quelle che troviamo nelle ogive commerciali e generalmente ogni produttore ha un nutrito catalogo che cerca di soddisfare le esigenze più disparate. Alcuni stampi più complessi possono presentare delle spine mobili per realizzare della basi concave, altri sono realizzati appositamente per ottenere palle in lega col gas check; si tratta in genere di prodotti destinati ad utenti più scafati vista la maggiore complessità nelle operazioni.
Gli stampi possono essere costruiti in alluminio, ottone o ghisa. La scelta del materiale è prima di tutto economica e poi tecnica. L’alluminio ha un’alta conducibilità termica e un’ottima finitura superficiale se lavorato all’utensile. Per contro ha un’alta dilatazione termica, è tenero quindi facilmente deformabile a causa di urti, ed è facile che frizioni per strisciamento a caldo con l’acciaio oltre ad usurarsi con facilità. L’ottone è facilmente lavorabile, dimensionalmente meno sensibile alle variazioni termiche rispetto l’alluminio, è un metallo antifrizione e l’attrito con l’acciaio è molto basso. Facilita inoltre il distacco dello stampato dallo stampo e ha una buona resistenza all’usura. La ghisa è un metallo facilmente lavorabile, molto duro, con una bassa conducibilità termica, antifrizione con l’acciaio, praticamente insensibile alle variazioni termiche generate dalla fusione del Piombo e un’ottima resistenza all’usura, in pratica è il materiale migliore per lo stampaggio delle nostre ogive.
Se non si acquista la lega da un produttore e si decide di auto produrla, un accessorio indispensabile è la lingottiera che può essere in ghisa o in alluminio, con manico o senza e esistono da due fino a quattro forme per creare lingotti da 500 grammi fino a 1 Kg di peso.
Per aprire lo stampo dopo che la lega si è raffreddata e per far uscire le ogive dallo stampo si usa preferibilmente un manico di legno per non rovinare piastrina e stampo, i manici di ricambio per martelli sono perfetti per il nostro lavoro.
Una bacchetta di ferro con manico in legno ci servirà per mescolare ogni tanto la lega e un piccolo mestolo ( consigliamo un manico in legno pure su questo) sarà utile per eliminare le impurità che troveremo a galleggiare in superficie.
Ci servirà un pezzo di cera per purificare (se serve) la lega e facilitarne il versamento, quella di candela andrà benissimo.
Infine una robusta scatola in cartone delle dimensioni di una da scarpe con un pezzo di lana (una vecchia sciarpa) per accogliere le ogive appena stampate senza rovinarle.
Per poter effettuare un acquisto mirato è bene chiedersi che cosa si vuole ottenere dalla fusione. In particolare le quantità da produrre e il tempo che si riesce a dedicare per produrle sono i due parametri che incidono maggiormente per la scelta. Quindi un forno di grande capacità abbinato a uno stampo con ad esempio 6 impronte ci garantiranno elevate produzioni orarie. Stabilire a priori il consumo mensile o settimanale eviterà acquisti inutili.
Una volta stampate, le nostre ogive non sono ancora pronte per essere sparate. Sono di diametro maggiore rispetto al calibro; per finirle serve un’ultima lavorazione: la trafilatura con ingrassaggio.
La trafilatrice è una macchina che ci permette di rettificare il diametro esatto ed applicare il grasso al nostro proiettile. Il concetto di funzionamento altro non è che forzare l’ogiva in una boccola di acciaio forata (Sizer) nella quale ci sono altri fori disposti radialmente e comunicanti con l’alloggiamento del grasso. Una volta uscita da quest’ultima operazione la palla è ultimata e pronta per essere usata.
La maggior parte dei costruttori propone le trafilatrici con azionamento a leva ed un serbatoio per il grasso che viene spinto nei solchi di ingrassaggio della palla dopo essere fuoriuscito dai fori nella boccola trafilatrice grazie alla pressione esercitata e mantenuta da un sistema a molla o a vite. inoltre come optional, forniscono basi in alluminio dotate di resistenze elettriche.
Il grasso, a base cerosa, è fornito in cilindri e deve essere riscaldato per poterlo utilizzare.
Al prossimo appuntamento verrà descritto come si preparano gli stampi per la fusione, i difetti e le cause che li provocano. Ed un piccolo vademecum sulle precauzioni di sicurezza da adottare.
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interessante argomento di una tecnica ormai con sempre meno cultori.
capisco che l’argomento e vastissimo e difficile condensare in pochi articoli, sarebbe ben accennare al fenomeno della lega fusa che a contatto con l’aria ambientale si ossida superficialmente , e per evitare la cosa si tende ad “isolare” utilizzando cera o grassa di pallottola, anche se tendono a fumare rilasciando cattivi odori.
se la cosa può servire, personalmente utilizzo della comune segatura di legno che subito si trasforma in carbone ed isolando perfettamente, inoltre il carbone ha il grande pregio di ri-trasformare gli ossidi di piombo, stagno, antimonio in nuovo metallo (fenomeno in chimica conosciuto come “riduzione”)