All’indomani dell’approvazione della revisione della Direttiva EU sulle armi, la 91/477/CEE come ci si deve comportare ?
Innanzitutto c’è da attendere che i vari Governi nazionali recepiscano l’adeguamento, ovvero varino modifiche legislative in materia di armi affinché le norme nazionali seguano le nuove linee comunitarie.Per quanto riguarda la durata delle autorizzazioni di pubblica sicurezza, le scadenze dei vari titoli passeranno a 5 anni, ovvero i porto d’armi sportivo ed uso caccia avranno una nuova scadenza a 5 anni anziché gli attuali 6. Diciamo che per tutti i titoli che scadranno dopo il recepimento da parte del Parlamento italiano le nuove scadenze saranno al massimo a 5 anni.
Probabilmente anche le licenze di collezione armi comuni e collezione di armi antiche, oggi illimitate, torneranno ad avere la scadenza a 5 anni, o per lo meno ogni 5 anni dovranno essere verificati dall’autorità di pubblica sicurezza i requisiti per poter mantenere un’autorizzazione al possesso di armi da fuoco.
Anche per i possessori di armi senza porto d’armi sarà necessario richiedere l’autorizzazione ogni cinque anni, alla faccia della tanto agognata visita medica imposta sempre dall’Europa l’anno scorso, che era “una tantum“.
Per quanto riguarda la denuncia delle armi disattivate e delle repliche ad avancarica, che ora a livello comunitario sono considerate armi a tutti gli effetti (alla faccia delle prescrizioni tecniche approvate dalla Commissione per definire definitivamente inutilizzabile e non ripristinabile un’arma disattiva), sarà obbligatoria solo per gli esemplari acquistati dopo il recepimento per quanto riguarda le repliche di armi antiche, mentre per quelle acquistate dopo aprile per quanto riguarda i simulacri.
La parte difficile sarà per le armi demilitarizzate.
Dapprima il problema sarà riuscire a capire legalmente quali armi lo sono, in quanto molti modelli ed esemplari sono registrati come armi nate semiautomatiche con il Made in Italy e quindi legalmente non sono armi convertite così come definite dalla Direttiva.
Il codice di classificazione del Banco di Prova tutt’ora non è indicato nei registri di carico/scarico delle armerie, quindi molti proprietari nemmeno sanno se tra le proprie armi vi siano degli esemplari “convertiti”.
Molte addirittura, ai tempi del Catalogo Nazionale, avevano lo stesso numero su esemplari diversi, basti pensare ad esempio al FN FAL, dove fino al 2012 venivano commercializzati con lo stesso numero di catalogo (n.6728) sia modelli dotati di tiro a raffica (metrici) sia quelli dotati del solo tiro semiautomatico (inch).
D’ogni modo le nuove armi “convertite” non saranno più introducibili nell’Unione europea e quindi resteranno vendibili solo gli esemplari già in circolazione.
La Direttiva dice che gli Stati Membri potranno concedere autorizzazioni ai detentori a patto che abbiano adeguate misure di custodia.
Ancora non si sa come il Parlamento recepirà questa prescrizione, se basterà un armadio blindato o serviranno misure più severe.
Ci viene da pensare che se ad oggi un detentore può detenere le armi che già ha dichiarato e che già è stato autorizzato ad acquistare, quasi sicuramente ci saranno delle norme transitorie per tutelare i detentori.
Per i caricatori la questione è assurda.
Da un lato potranno essere concesse autorizzazioni ai tiratori sportivi per poter continuare a detenere tali caricatori (che non sono parti d’arma) se la disciplina sportiva in cui partecipano li prevede, e se i tiratori restano “attivi” partecipando a competizioni e restando iscritti presso le società affiliate al CONI.
Dall’altra parte, chiunque verrà trovato in possesso di un caricatore avente capacità superiore a 10 (per le lunghe) o 20 colpi (per le corte) sarà denunciato e prederà permanentemente la possibilità di avere armi.
Rimane da capire come potrà un nuovo tiratore partecipare a gare, se per avere l’autorizzazione deve avere una frequenza nei 12 mesi precedenti come agonista, ma se per essere agonista deve aver bisogno di tali caricatori.
L’assurdità è che tali caricatori non sono comunque parte d’arma.
Il problema oggettivo quindi sarà capire nel caso di caricatori comuni ad armi sia lunghe che corte come verranno inquadrati.
Generalmente la Pubblica Sicurezza opta sempre per la scelta più restrittiva, ma in questo caso le restrizioni possono essere molte, basti pensare ad esempio ad una Glock 19, il cui caricatore rientra tranquillamente tra quelli detenibili essendo da 17 colpi, ma lo stesso è anche utilizzabile in armi lunghe e quindi potrebbe rientrare tra quelli sottoposti a restrizioni avendo una capacità superiore ai 10 colpi previsti per le lunghe.
Ambigua sarà anche la capacità esatta, in quanto molti caricatori sono anche utilizzabili su armi aventi calibri diversi, basti pensare ad un caricatore STANAG per AR-15 da 30 colpi in .223 Remington ( alias 5.56 × 45 mm ) che diventa magicamente da 7 colpi nel caso lo si utilizzasse per un .50 Beowulf.
Per le nuove classificazioni invece sarà ardua riuscire a definire con certezza la classe di appartenenza di un’arma.
Un classico AR-15 che già oggi può essere B4 o B7, potrà essere A7, B4, B6 o B9 a seconda del caricatore che sarà inserito.
Per quanto riguarda le parti di armi, si fa un po’ di chiarezza.
Viene eliminata la definizione di parti di armi, restando solo quella delle parti fondamentali, evitando così inutili equivoci.
Tra le parti essenziali sono aggiunti gli upper delle armi, parti che fino ad oggi non erano chiaramente indicate.
Ah, stavamo dimenticando..
Nella Direttiva è ribadito che per pulire l’arma non è richiesta la licenza di armaiolo.
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