L’AK-47 (nome ufficiale in russo: А(втомат) К(алашникова) 1947 года?, Avtomat Kalašnikova (Kalashnikov) 1947 goda) è un fucile d’assalto sovietico a fuoco selettivo operato a gas, camerato per il proiettile 7,62 × 39 mm.
Durante le fasi finali della Seconda Guerra Mondiale, l’Unione Sovietica invase l’Ungheria, rovesciò il regime filo-nazista e instaurà un governo filo-socialista. Successivamente entrò a far parte degli stati alleati del Patto di Varsavia e cercò di vendere (imporre) l’utilizzo delle proprie armi, tra cui il nuovissimo Kalasnikov.
Ma gli ungheresi, troppo orgogliosi e non così dipendenti da un controllo russo, pur adeguandosi alla nuova munizione d’ordinanza, la 7,62 × 39 mm, svilupparono in proprio le nuove armi, così come fecero la Jugoslavia e la Cecoslovacchia.
Così negli anni ’50 l’Ungheria, per rimpiazzare le proprie armi d’ordinanza ormai obsolete, i Mosin-Nagant M63, sviluppò, partendo dal receiver fresato tipo3 del Kalašnikov, un proprio clone, l’AK-55. Leggi tutto “FEG AMD-65”
A definire le munizioni idonee all’attività venatoria è l’Articolo 13 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157, il quale, nel passaggio che interessa, riporta quanto segue:
“… o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.”
Nelle ultime ore è trapelata quella che sembra essere una lettera inviata dall’Europarlamentare Vicky Ford ai membri del Parlamento Europeo.
Analizzando il comunicato, la nostra prima impressione sembra quella di essere giunti ad una resa. Per quasi un anno la Presidentessa dell’IMCO si è battuta senza tregua per difendere i diritti di tutti i legali possessori di armi, ma pare che, di fronte ad un muro a muro della Commissione sulla sua proposta, ora abbia perso le forze. Leggi tutto “La resa dell’IMCO sulla Direttiva 477”
Nato nel 1950 a Izhevsk, entrambi i suoi genitori erano impiegati presso la fabbrica d’armi di Izhevsk, poi Izhmash, ora Kalašnikov Concern. Come per la maggior parte dei suoi coetanei, il futuro di Nikonov si prospetta lineare, con un impiego presso la locale fabbrica d’armi, principale fonte di indotto dell’area. Il giovane Gennadiy si prodiga per far sì che il suo ruolo nella fabbrica non sia quello di banale operaio: a seguito del diploma di scuola tecnica, segue infatti i corsi serali che lo porteranno, nel 1975, a conseguire il titolo di armaiolo, portandolo a lavorare nel dipartimento di sviluppo di nuovi sistemi d’arma.
Il primo riconoscimento ufficiale arriva da una forte ossessione di Nikonov per i fucili d’assalto subacquei, categoria di armi leggere dallo sviluppo seguito praticamente solo dall’Unione Sovietica: il suo primo lavoro, un pacchetto di scatto per fucile subacqueo, gli vale una menzione e segna il vero inizio della sua carriera di progettista.
Nel corso degli anni, sviluppa varie carabine ad aria compressa e alcuni fucili da tiro e da caccia, tra cui la rinomata «Izjubr», una carabina da caccia di lusso, prodotta in serie limitata. La sua carriera lo porta a diventare capo ingegnere per il design di carabine bolt action monocolpo e di armi automatiche, portandolo, a seguito di ulteriori anni di studio, a un dottorato in ingegneria meccanica e ai due progetti che lo renderanno famoso nel campo delle armi militari: la Nikonov LMG, i cui prototipi entrano in produzione nel 1978, e l’AN94, sviluppato a fine anni 80 e pronto nei primi anni 90 per i test volti alla sostituzione dell’attuale ordinanza dell’esercito russo, gli AK-74.
La caduta dell’URSS segna uno stop quasi completo nell’adozione di nuove armi da fuoco da parte dell’esercito russo, relegando quello che durante i test fu considerato come degno successore delle armi di Kalašnikov a ruoli più contenuti, e a un’adozione presso sole unità specializzate; resta ai posteri giudicare il successo a livello tecnico di un progettista instancabile, la cui carriera è stata segnata da innovazioni e progetti di successo, ma anche e soprattutto da una forte vocazione per il lavoro, sia a livello quantitativo, che qualitativo.
Al momento della morte, nel maggio del 2003, lascia due figli e una moglie, Tatiana, anch’essa impiegata presso il dipartimento di sviluppo delle armi leggere di Izhmash.
Cartuccia di potenza intermedia adottata dall’Armata Rossa nel 1943 i cui studi iniziarono già nella seconda metà degli anni ’30 quando i primi prototipi di nuove armi automatiche (AVS-36, SVT-38, SVT-40) emersero i problemi derivanti dall’uso di una munizione a piena potenza su una tale tipologia di armi. La misura è la via di mezzo tra le altre due munizioni d’ordinanza, la 7,62 × 54 mm R dei Mosin-Nagant e la 7,62 × 25 mm Tokarev in uso sulle pistole omonime. La forma notevolmente conica, ne rende l’uso ottimale nelle armi automatiche perché ne è facilitato il distacco dalle pareti della camera di cartuccia. Le palle sono trafilate come tutte le munizioni russe a .312 centesimi di pollice (rispetto ai .308 delle palle occidentali). La palla, nella versione definitiva della munizioni pesa 122 grains e fin dalla sua origine, al suo interno trovava presente un cilindro di acciaio dolce, usato poiché il piombo durante la guerra era diventato un materiale raro. La presenza di un cilindro d’acciaio all’interno fa si che il centro di massa sia posteriore rispetto al centro geometrico facendo si che all’atto dell’impatto la palla tende al ribaltamento, anche se recenti studi di Martin L. Fackle sembrano smentire tale comportamento nel caso di impatto in tessuti umani. Leggi tutto “7,62 × 39 mm (M43) Russian”