Già dai tempi della prima rivoluzione Serba contro i Turchi nel 1804, le forze ribelli soffrirono della mancanza di armi e munizioni. Per questo motivo i leader rivoluzionari guidati da Đorđe Petrović si posero come obiettivo principale quello di armarsi e rifornirsi di pistole. Fu nel 1808, in Arsenal, nella città fortificata di Belgrado, che s’iniziò la costruzione di una fabbrica di armi.
Alla fine del 1832 l’arsenale militare di stato fu completato. Le armi lì erano assemblate con parti prodotte da vari artigiani specializzati. Erano presenti 20 operai artigiani. Poco dopo l’impianto fu ampliato aggiungendo un magazzino per gli esplosivi e una forgia ma ancora era prematuro attribuirgli il nome di fabbrica. Nel 1847 l’intero impianto era in grado di produrre autonomamente attrezzature militari.
Nel 1848, consapevole della specifica posizione internazionale del Principato di Serbia, il ministro dell’interno del Principato di Serbia, Ilija Garašanin, rinnovò l’idea della produzione indipendente di armi.
Alla fine del 1849, per esigenze della fonderia, fu ordinata la prima macchina a vapore di 15 kW a una società belga, “La Chausse”, per la produzione di munizioni. Turchia e Austria protestarono energicamente contro la nuova fabbrica, tanto che il Ministro dell’Interno in data 11 marzo 1851 suggerì Kragujevac come nuova posizione per la fonderia. Il 17 marzo il principe Aleksandar Karadjordjevic spiegò al Ministro delle Finanze, Francophiles Konstantin Magazinovic, la ragione per la scelta di questa località. Tutte le installazioni dell’arsenale furono spostate così a Kragujevac entro la fine del mese.
I ministri Milošev DvorFrancophiles Konstantin Magazinovic e Ilija Garasanin riuscirono ad ottenere dall’imperatore Napoleone III la possibilità di avere una persona alla guida della fabbrica. Fu così che il 5 gennaio 1853 da Parigi partì Charles Loubry e arrivò a Belgrado il 28 gennaio. Quattro giorni dopo firmò il contratto per amministrare la nuova fabbrica di Kragujevac.
Il 27 ottobre 1853, i primi cannoni furono forgiati in Kragujevac.
Questa data rappresenta la data di fondazione della “Zastava Arms” e l’inizio dell’industrializzazione in Serbia.
Tra il 1856 e il 1860 lo stabilimento fu oggetto di continui ampliamenti e si acquisirono anche le conoscenze necessarie a realizzare complete armi con parti intercambiabili.
Nel 1878 la priorità principale fu quella di modernizzare gli armamenti Serbi, priorità dettata dalla necessità per l’esercito di sostituire il proprio fucile d’ordinanza, il modello “Piboduša 1870”, divenuto ormai obsoleto. Nel 1879, dopo anni di progettazione e sviluppo, fu realizzato un nuovo modello di fucile, un derivato del Mauser 1871. Questo nuovo fucile, progettato da Kosta Milovanović, fu adottato come “Mauzer Milovanović M.1880”, conosciuto come “Mauser-Koka” o “Koka’s Rifle”.
Tra il 1924 e il 1925 il Ministro dell’interno firmò un contatto con la FN di Herstal in Belgio per produrre sotto licenza la serie di fucili bolt-action M-24 camerati nel calibro 7.92 × 57 mm Mauser.
Venne anche adeguato lo stabilimento per la produzione di munizioni, e la fabbricazione iniziò il 15 ottobre 1928, giorno del 75° anniversario della prima creazione dei cannoni in Kragujevac.
Nel 1930 iniziò anche la produzione sotto licenza cecoslovacca delle pistole M1929.
Nel 1941 la “Kragujevac Military Technical Works” entrò nell’industria militare del Regno di Jugoslavia. Il suo fatturato raggiungeva il valore di 2 bilioni di dinari e vantava 12.000 operai.
Poco prima dell’invasione della Jugoslavia da parte dei tedeschi si pianificò una dislocazione della fabbrica presso Gornje Vigosce. Purtroppo l’ordine di evacuazione arrivò tardi, cosi che quando si iniziarono le operazioni il giorno 10 aprile 1941, il giorno successivo, l’11 aprile 1941 le truppe dell’11° divisione corazzata tedesca entrarono nel complesso.
L’idea iniziale tedesca era quella di mettere gli operai sotto il controllo del “Herman Goring Werke” nell’ipotesi di sfruttare il complesso per la produzione di 200.000 testate ZtZS/30, barriere balistiche, carrelli e canne per sistemi d’artiglieria.
Entro la metà del 1941 però solo 35.000 ZtZs/30 furono prodotte, così ad agosto fu presa la decisione di trasferire parte dell’impianto in Germania.
Così nel 1943 a Kragujevac rimasero in funzione solo gli impianti per la riparazione dei veicoli e armi di fanteria e la produzione di munizioni per armi leggere, con il nome di “Heeres Kraftpark 533” sotto il controllo di “Heeres Felddzeugpark – IV”.
Kragujevac fu liberata il 21 ottobre 1944. Della fabbrica restarono 670 lavoratori (prima della guerra erano 12.000) con solo 82 macchinari presenti, e la metà di questi non erano funzionanti. Ma le esigenze del nuovo Esercito di Liberazione Nazionale della Jugoslavia erano grandi e c’era la necessità di avviare l’attività anche in tali condizioni.
Il 26 luglio 1945 il nome fu cambiato in “Fabbrica d’Armi dell’Esercito di Liberazione Nazionale della Jugoslavia” (abbreviato “NOVJ”), i macchinari furono riparati e gli edifici ricostruiti. Viste però le difficolta nel far ripartire la produzione di munizioni, il 6 marzo 1945 per mezzo del Ministero della Difesa Nazionale fu tolta la produzione di munizioni dopo un secolo.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Democratica Federale di Jugoslavia prese la decisione il 20 giugno 1945 di mettere le 11 fabbriche di armi presenti nel paese sotto il controllo del Ministero della Difesa Nazionale.
Il primo gennaio 1946 la fabbrica cambiò nome in “Preduzece Crvena Zastava” (ПРЕДУЗЕЋЕ 44 in cirillico oppure PREDUZECE 44 in alfabeto latino) e vantava la capacità di poter produrre 120.000 canne in calibro 7,9 mm, riparare 23.000 fucili e 15.000 armi automatiche.
In conformità a questo, lo Stato Maggiore ordinò alla Crvena Zastava di revisionare e riparare i fucili Mauser in calibro 7,9 mm (gli M.24/47 e in seguito gli M.48.B0), le PM Zbroyovka (tutti i modelli), le mitragliatrici tedesche MG-34 e MG-42 e tutte le pistole. Quindi fino al 1950 tutte le attività della Preduzece Crvena Zastava erano incentrate sulla revisione e riparazione delle armi.
Alcuni operai, su iniziativa personale, iniziarono a sviluppare alcuni progetti; negli anni seguenti furono progettati dapprima un prototipo di un’arma automatica in calibro 9 mm, la “M1944.B2” detta “Sumadia”, basato su un sistema copiato dallo STEN, e in seguito, nel 1947, la “Bora Maksimovic svi ped”, un prototipo di pistola automatica in calibro 9 mm.
Nel 1949 la capacità produttiva della fabbrica era in grado raggiungere 100.000 fucili e 100.000 bombe a mano.
Negli anni successivi la produzione prevista fu drasticamente modificata a causa della risoluzione dell’Information Bureau Resolution, che provocò l’interruzione delle consegne dall’URSS e degli altri paesi del blocco orientale a causa dell’espulsione della Jugoslavia di Tito dal Cominform; un esame dell’impianto fu quindi necessaria.
Fu così che le stesse linee produttive di Kragujevac furono utilizzate per la produzione di tutti gli articoli possibili: fucili, mitragliatori, pistole-mitragliatrici, pistole e bombe a mano. La priorità fu data alla produzione ai fucili M24/47, in seguito ai M48 e M48A, M49 e bombe a mano. Nello stesso anno questa linea fu equipaggiata con 1.920 macchine.
Nel corso del 1954, Zastava produsse solo 232 bombe a mano, a differenza del 1950, quando il numero di fucili prodotti era 53.790 e quello delle bombe a mano 6.625; Nel 1951 91.086 fucili e 3.437 bombe a mano e 97.802 mitra (la cui produzione del modello M49 fu bloccata nel 1953; nel 1954 furono prodotti i primi 156 esemplari di mitragliatrici leggere M53.
Nel 1952 i cambiamenti del sistema economico e l’inefficace produzione militare segnarono la separazione concettuale della Zastava come arsenale militare.
L’inizio degli anni Sessanta segnò l’esubero di lavoratori non pienamente utilizzati. C’era un surplus di 10.000 mq di superficie produzione. Gli impianti sotto il controllo della produzione militare rappresentavano una minima parte del totale del complesso di Kragujevac.
Questo significava che, per produrre reddito, la società aveva bisogno di sbocchi commerciali basati su materiali di consumo, con il supporto delle stime secondo cui il mercato militare nel decennio successivo non avrebbe fatto altro che calare. Un nuovo orientamento della produzione fu discusso il 17 e il 18 giugno 1953. Nel mese di agosto dello stesso anno, fu indetto un referendum, nel quale il 95,67% degli elettori votò per estendere la produzione a discapito di un investimento di 100 milioni di dinari decurtati dagli stipendi. Con questi nuovi fondi la fabbrica iniziò l’assemblaggio di 162 jeep americane modello Villys e nel 1954, su licenza FIAT, le auto AR-51 e 1400B.
Per quanto riguarda la produzione militare, la Zastava mantenne l’esclusiva per la produzione di armamenti per il proprio paese, e al contempo, viste le poche risorse necessarie, si approcciò al libero mercato, avviando così anche la produzione di 2.000 fucili ad aria compressa e 1.000 fucili di piccolo calibro.
Durante gli anni Sessanta e Settanta, fu prodotto a livello commerciale il fucile ad aria compressa modello M56 in calibro 4.5mm. Seguirono i modelli M48/52, M56, M57 e M58 in calibro 5.6mm. Durante il 1956 la prima carabina da caccia M56 basata sul sistema Mauser fu prodotta per le guardie forestali in Bosnia ed Erzegovina. Gli anni successivi furono segnati dalla produzione di una vasta gamma di pistole commerciali basate sulla meccanica della Sovietica TT nei calibri 7,62 mm, 320ACP, 380ACP, 9 millimetri e 10 millimetri, la pistola modello M57.
Nel 1983 il team progettò e mise in produzione il primo revolver prodotto dalla Zastava, l’M.83 in calibro 357 Magnum.
Il successo commerciale nei primi anni ’60 segnò la separazione tra produzione militare e civile. Nello stesso periodo furono fatti grandi investimenti volti alla modernizzazione degli impianti; La forgia, utilizzata anche per la produzione di automobili, in funzione dal 1954, fu sostituita il 7 luglio 1970. Questa aveva 33 linee di stampaggio, attrezzata con macchine più moderne provenienti da Polonia, Cecoslovacchia, Germania e Italia.
Nel 1964 la Zastava iniziò lo sviluppo di un fucile d’assalto, basato sul sistema Kalašnikov, il modello M64, ma l’arma non fu accettata dalla “Esercito Nazionale Jugoslavo” (“Jugoslovenska narodna armija” detto JNA) in quanto in quel periodo sembrava non necessaria la dotazione all’esercito di un’arma automatica.
La Special Purpose Products Factory sviluppò processi di forgiatura a freddo e fusione MIM di precisione. Una parte della produzione fu spostata nel nuovo stabilimento di Novi Pazar. Questo nuovo impianto iniziò a lavorare il 3 febbraio 1973. La produzione di canne cromate e impianti per la fosfatazione furono aggiunti nel 1984.
Nello stesso anno iniziò anche la produzione informatizzata. In collaborazione con l’Istituto Tecnico Militare, la Special Purpose Products Factory prese piena padronanza della progettazione e produzione di armi semiautomatiche M59 e M59/66 (cloni della carabina russa progettata da Sergei Simonov l’SKS), una famiglia di armi automatiche “Zastava” (M70), armi di precisione per cecchini, (M69, M76, M91, M93) e un fucile per tiro a lunga distanza in calibro 12,7 millimetri il fucile AMR.
Fu in questi anni che la fabbrica rinacque. Nel 1999 contava circa 38.000 dipendenti ai quali si aggiungevano circa altri 8.000 lavoratori di aziende collegate.
Durante la guerra del Kosovo, poco dopo le ore 01:00 del 9 aprile 1999, la NATO lanciò una serie di missili da crociera sulla città di Kragujevac. Furono distrutti i reparti dedicati all’assemblaggio e alla verniciatura delle automobili. In tutto vi furono 124 operai feriti, ma miracolosamente non vi fu nessun morto.
Seguì immediatamente una dichiarazione dei lavoratori rivolta alle Nazioni Unite, al Presidente degli Stati Uniti Clinton, al Primo Ministro britannico Tony Blair, al Segretario di Stato americano Madeleine Albright e ad altri leader occidentali.
“Noi, i dipendenti della Zastava, e gli amanti della libertà di Kragujevac, faremo da scudo umano. Anche alla fine del turno, anche durante gli allarmi, i lavoratori della Zastava non lasceranno i loro laboratori, ma hanno continuato a proteggere con i propri corpi ciò che prevede la vita delle loro famiglie, in cui hanno servito anni di lavoro onesto per assicurare un futuro migliore alle proprie famiglie. Vogliamo far sapere che l’attacco alla nostra fabbrica significherà una morte diretta a migliaia di uomini e donne e un’enorme perdita spirituale e materiale alle loro famiglie “.
Nonostante la presenza dei lavoratori all’interno degli stabilimenti, tre notti dopo, altre due serie di missili colpirono la Zastava, alle 02:45 e alle 02:55. Fortunatamente i feriti furono solo 16.
Come conseguenza dei due attacchi, i sei maggiori impianti a Zastava si trovarono in rovina.
È interessante notare come il capannone dedicato alla produzione di fucili d’assalto fu lasciato intatto. Alcune accuse sottolinearono il fatto che la vera motivazione della NATO era la deindustrializzazione della Jugoslavia e non la distruzione della fabbrica d’armi. La Zastava infatti era il più grande e più significativo complesso industriale nei Balcani, dato che produceva oltre il 95% delle automobili circolanti in Jugoslavia. Si stima avesse un indotto di circa 200.000 persone, tra lavoratori dipendenti e quelli nelle industrie collegate, rimaste senza mezzi di sussistenza.
A seguito dei bombardamenti, il direttore dell’export, Stankovich disse: “Di tutte le catastrofi che ci sono accadute riteniamo che la catastrofe umanitaria sia la più grande”.
Il valore stimato dei danni fu approssimativamente di 60 milioni di dollari. La fabbrica fu successivamente svuotata ed i macchinari messi in salvo, e solo con la fine delle Guerre di Jugoslavia gradualmente gli impianti vennero rimessi in funzione, ed i macchinari danneggiati furono riacquistati negli anni successivi.
Nell’anno 2000, in seguito alla decisione del Governo della Repubblica di Serbia, la linea della produzione delle armi uscì dal gruppo Zastava e cambiò il nome in “Zastava namenski proizvodi d.p.” (Zastava prodotti speciali).
Nei primi anni del nuovo millennio la Zastava iniziò lo sviluppo di mitragliatrici pesanti per la fanteria nel calibro 12.7 mm, la mitragliatrice “Coyote”.
Fu sviluppata una pistola, la “CZ999”, partendo dai vecchi progetti della “CZ99”.
Si iniziò anche la progettazione di una nuova arma automatica nel calibro 5,56 x 45 mm NATO, la “M.21”, che fu presentata al pubblico il 26 settembre 2001.
Il 22 ottobre 2003 fu cambiato nuovamente in nome in “Zastava Oruzje”, tradotto “Zastava Arms”. Nello stesso periodo iniziò la produzione della pistola “CZ999A”, destinata alle forze armate.
Il 22 ottobre, giorno del 150° anniversario la Zastava Arms fu visitata da Mikhail Timofeyevich Kalašnikov.
Fu solo dal 2004 che riprese l’esportazione di armi da caccia e sportive per il mercato americano, dopo una pausa di 12 anni.
L’esercito dello Stato Federale di Serbia e Montenegro adottò la “M21” quale arma d’ordinanza.
Nel 2005, a seguito di una ristrutturazione e del consolidamento finanziario, la Zastava Arms ha applicato una conversione dei debiti in azioni statali, riducendo così la propria quota aziendale al 33%. In seguito il nome fu nuovamente modificato, questa volta in “Zastava oruzje AD”.
E’ stato siglato un accordo con Remington per la distribuzione tramite la rete di vendita della Remington sul territorio degli Stati Uniti, Canada e del Messico.
Sempre nello stesso anno la Zastava oruzje AD è diventata fornitore di armamento militare per le Nazioni Unite.
Nel 2006 sono stati acquistati nuovi macchinari CNC e una licenza per la progettazione 3D dall’IBM, e sono stati assunti nuovi lavoratori. Ha ricevuto inoltre il premio come miglior azienda serba.
Nel 2008 la Zastava ha continuato la produzione di armi da artiglieria, cannoni e sistemi anti-aerei, ma, oltre al programma militare, ha sviluppato e ampliato la produzione di armi civili da caccia e sport.
Oggi, dopo oltre 160 anni, Zastava Arms esporta armi da caccia e sport in oltre trenta paesi al mondo.
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